Ai piedi della Marmolada (3)

Giugno 20, 2012 0 Di wp_14635186

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Qui la prima parte. Qui la seconda.

Dopo essermi rifocillato, mi sbrigo a radunare le cose e a ripartire. Mi sono drammaticamente accorto che sono le 13.25 e sarà durissima arrivare al Passo Ombretta e tornare alla macchina entro le 17.30, mio orario limite di oggi. Ingrano la quarta e salgo verso la Marmolada. Devo fare quasi 700 metri di dislivello in salita.

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Il sentiero è inizialmente abbastanza docile, ma poi inizia a salire brutalmente con tornanti secchi.

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I miei quadricipiti, già provati dalla salita al Passo San Nicolò e la discesa fino alla Malga Contrin, mi lanciano sinistri avvertimenti. Questa foto vi aiuta a capire meglio la strada che ho già fatto. E manca tutto il percorso fatto dall’auto al Passo San Nicolò!

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Salgo ancora. Il ghiacciaio della Marmolada rilascia acqua in quantità. Ecco l’ennesimo torrente che scende dall’alto.

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Una panoramica da dove sono in questo momento. Alla mia sinistra ci sono le pareti del Col Ombretta. Alla mia destra quelle del Gran Vernel. Davanti a me il Col Ombert e il gruppo Cima Uomo (quello con la neve).

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Sono le 14. Sono sfinito e penso che devo anche tornare indietro e che non è tutta discesa. Mi concedo ancora t15 minuti di salita poi dovrò fare dietrofront, ed è ormai evidente che non riuscirò a raggiungere il Passo Ombretta e i suoi stambecchi. Mannaggia, ho perso troppo tempo in giro a fotografare.

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Finisce la parte ripida del sentiero che ho fatto decisamente in poco tempo. Forse che forse arrivo al passo per il rotto della cuffia? Dovrebbe essere lì, in quella insenatura là sopra. Mi ricordo un mega ghiaione…

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Ma dopo altri 3 minuti di cammino un cartello mi stronca decisamente i miei piani. Stando a quello che leggo, ho ancora un’ora!!! di cammino per arrivare al passo. Orca, non ricordavo così tanta strada. Proseguo ancora un po’ per forza d’inerzia. Mi spiace un sacco non poter procedere.

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L’ambiente qui sopra è veramente bello, selvaggio, unico. Mi fermo ad un altro torrente per dissetarmi. Sono stanchino.

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Questa sarebbe la via della continuazione, ma io devo tornare a casa. Mi attendono ore di cammino e le mie gambe non sono molto contente. Neppure i miei piedi.

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In meno di 15 minuti sono nuovamente nella zona dove ho pranzato, ma ho un attacco di crampi ai quadricipiti. Non posso fermarmi perché il dolore aumenta. Proseguo tra gli urletti. Sembro uno che cammina scalzo sui ceci.

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Saluto la parete sud della Marmolada. La prossima volta non mi freghi: partirò da Alba di Canazei, salirò per la Val Contrin e ancora su fino al Passo Ombretta. Molta meno strada da fare.

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Quando posso evito il sentiero e cammino sull’erba: i piedi fan meno male.

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Fotografo ancora scorci che all’andata ho tralasciato.

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Poi comunque la luce è cambiata rispetto a stamattina. Ecco il gruppo del Sassolungo.

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Inizio la salita che porta al Passo San Nicolò. Le gambe fanno male.
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Sogno divanoni su cui sdraiarmi, mari in cui tuffarmi, letti in cui dormire per ore.
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Lo stranissimo fiore del Rododendro. Ha sempre l’aspetto di un fiore tormentato da piogge, parassiti o altro. E invece è proprio fatto così.
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Ad un certo punto crollo su un prato e faccio una pausa. Bevo e nel frattempo ammiro davanti a me le meravigliose fattezze della Cima Ombretta.  Ditemi se avete mai visto una montagna più strana di questa.
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Ecco tutta la Val Contrin e là in fondo si vede Alba di Canazei.
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Proseguo l’interminabile salita verso casa.
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Ne manca ancora di strada da fare…
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Ma dopo due ore esatte da quando ho deciso di tornare indietro, eccomi in zona Passo San Nicolò. Sono semi-distrutto.

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Saluto per l’ultima volta la Marmolada e il Gran Vernel
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Arrivo al Rifugio del Passo San Nicolò e trovo un gruppo di persone intente ad osservare e annotare le cime che stanno davanti a loro. Chi sono? Boh, sinceramente non capisco cosa stiano facendo. Orienteering?
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In ogni caso io devo andare. Mi attende una nuova durissima discesa. E per le punte dei miei piedi non sarà una festa. Un ultimo scatto al Passo San Nicolò, e via.
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Riecco la Val S. Nicolò.
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Non vedo l’ora di arrivare alla macchina. Queste sono le ultime immagini che scatto alla valle.
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Ormai cammino come uno storpio. I piedi sono infuocati e doloranti. Devo aver esagerato con i chilometri. Poi. a poca distanza dalla macchina, mi viene un’idea geniale: un pediluvio al volo! Ecco il torrente che fa per me.
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Tiro via tutto alla velocità della luce (sono un po’ in ritardo, ma soprattutto cerco refrigerio), e immergo i piedi nel torrente.
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Ad un certo punto diventa tutto bianco, vedo gli angeli turchesi che mi sollevano e volo via con loro. I miei piedi rimangono nel torrente e non capisco… Poi mi rendo conto che sto soffrendo come non mai. Ho tenuto i piedi in acqua per circa 7-8 secondi ma è stato sufficiente per sentire un dolore pazzesco. E’ come se mi stessero triturando i piedi sotto una pressa. L’acqua gelata del torrente li ha presi a cazzotti con una violenza inaspettata. Tiro fuori i due stoccafissi e soffro per 5 minuti, poi torno a vivere. E solo allora inizia un senso di piacere ai miei arti inferiori. Morale della favola: se proprio volete farvi un pediluvio in alta montagna, non immergete i piedi per più di 5 secondi in acqua. Scatto un ultima foto e raggiungo la macchina.
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Alla fine avrò percorso circa 19 km. Le gambe mi faranno male per tutta la sera e anche il giorno dopo. Sto proprio invecchiando.

Itinerario ciclabile 1650001 – powered by Wandermap
Alla prossima escursione!