In vetta al Colbricon (3)
Qui la prima parte. Qui la seconda.
Eccoci all’ultima parte di quest’avventura tra le scure rocce della Catena del Lagorai. Devo percorrere l’ultimo tratto di salita, quello più impegnativo e incasinato. Il dislivello non è tanto, ma la salita è da prendere con le pinze, perché pochissimo segnata e fatta completamente di roccia.
Ecco, lì sopra c’è la cima e io devo trovare la traccia di sentiero che ci arriva.
Sotto di me vedo molto bene tutto il Piccolo Colbricon.
Però ora mi devo concentrare molto bene su dove metto i piedi.
Come potete vedere da queste immagini, la parte terminale del Colbricon è letteralmente un cumulo di massi accatastati uno sull’altro.
Alcuni danno l’idea di essere anche molto instabili. E son tutti più grossi di una lavatrice!
Tra i massi, ad un certo punto, sbuca pure un nascondiglio della Grande guerra.
Ogni tanto trovo un segnale che perlomeno mi fa capire che sto procedendo nella direzione giusta. Ma sono molte le volte che mi fermo e retrocedo perché sbaglio direzione.
E finalmente ho una felice visione. La croce di vetta! Non manca molto.
Ancora pochi passi e…
Sono arrivato! Vetta del Colbricon, 2600 metri sul livello del mare.
Qui c’è un capitello molto artigianale dedicato ai caduti in Guerra.
Alla mia destra posso vedere le Pale di San Martino che purtroppo sono coperte da nuvole e foschia.
Dietro di me la Catena del Lagorai e le creste delle cime che continuano in direzione sud.
Davanti a me vede i due laghetti di Colbricon che da quassù sembrano pozzanghere.
Laggiù c’è San Martino di Castrozza.
Ecco una panoramica del Gruppo delle Pale.
Alla mia sinistra, il Piccolo Colbricon illuminato dal sole, il quale a fatica, ma ogni tanto sbuca dalle nuvole.
Ecco un particolare delle cime delle Pale immerse nelle nuvole.
Questo è il Mulaz.
Dopo aver contemplato il panorama per un po’, decido di scendere per mangiare. Stare qui sopra non è molto rilassante. Preferisco un comodo praticello in piano!
La pendenza in discesa è decisamente alta.
Ogni tanto sono nuovamente attratto dai fiori che crescono qua sopra.
Nel post precedente vi ho tirato un bello scherzetto con il finto fiore rarissimo. Ci avete creduto?
Con il sole l’ammasso di rocce che compone la cima del Colbricon, risalta meglio.
Se guardate le nuvole, vi rendete conto che l’inquadratura non è storta. E’ proprio così pendente, questa parete.
Da qui vedo ancora la croce.
Ecco, sono arrivato in un posto in piano e qui mi scelgo questo angolino per mangiare in santa pace. Sono già le due e ho una fame bestia!
Il menú di oggi prevede: panino col tonno, brioche semi-distrutta, passata di mela e cioccolato.
Mentre mangio che ti vedo? Un mazzetto di Soldanelle che mi guardano. Ora percepisco tutta la differenza tra loro e le primule Vischiose.
Dopo altri 15 minuti di relax, ricomincio a scendere. Ora il sole mi accompagna per tutto il tragitto.
Gioco un po’ con il polarizzatore. Guardate che magie può fare ruotandolo nelle varie angolazioni. Lo specchio dell’acqua può essere accentuato o esser nascosto del tutto.
La discesa è sempre molto più rapida della salita. E in poco tempo sono a metà strada. Ecco il Colbricon con la luce del pomeriggio.
Un grosso cumulo-nembo copre il Cimon della Pala.
Io scendo veloce tra i pietroni e i rododendri.
Eccomi ai laghetti.
Faccio ancora qualche scatto suggestivo.
L’acqua qui è molto limpida.
I turisti si rilassano vicino allo specchio d’acqua.
Io mi dirigo verso il sentiero che porta al parcheggio e per poco non calpesto questo intruso.
Ecco l’immagine degli abeti centenari che vi avevo promesso. Sono veramente altissimi e vecchissimi.
Manca poco all’auto. Ammiro ancora per qualche istante le Pale tra le nuvole…
…e il mio amico Colbricon da lontano, prima di slacciarmi gli scarponi e prepararmi per il ritorno a casa.
Alla prossima avventura sulle Dolomiti, ragazzi miei.