Da padre a padre

Aprile 23, 2011 0 Di wp_14635186

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Non so se abbia mai scritto su questo neroblog, la mia età. Eh, non sono certamente più quello che si può definire un giovincello, però i miei 41 anni me li porto con leggerezza. E questo perchè tendo sempre a mostrarne 4-5 in meno, essendone consapevole. E mi succede da quando avevo 25 anni circa. Le persone che incontro tendono a sbagliare, dandomi sempre meno anni di quelli che abbia realmente. E questo non può che farmi piacere. Sotto sotto, io non mi sento 41 anni neppure nella testa. Per ora ho sempre visto le persone adulte come estranee alla mia fascia d’età. E se questo poteva essere normale dai 20 ai 30 anni, lo è sicuramente meno dai 30 ai 40. E’ come se gli adulti continuassero ad appartenere ad un club del quale non sono mai stato socio. Penso di dover tutto ciò a mio padre, visto che fisicamente sono molto simile a lui. L’unica cosa che non ci accomuna esteticamente sono i capelli: lui, a circa 35 anni, li aveva quasi tutti bianchi. E infatti nella mia memoria lo raffiguro sempre con la chioma imbiancata, ma di quel bianco che incornicia perfettamente un viso, quel bianco che affascina e rende attraenti. Io invece ho qualche capello bianco qua e là, ma nulla di più. Incrocio le dita e spero che il colore chiomato non mi abbandoni proprio ora. Si, perchè mi devo preparare. Mi devo preparare all’incontro. Un incontro che presumo mi cambierà completamente la vita, sposterà i miei interessi, muterà le responsabilità, affinerà la mia attenzione, moltiplicherà le mie gioie, colmerà un tassello che per me rimane cruciale. Quando arrivi alla soglia dei 40, ti scatta come una molla che preme sul tuo stato vitale. Senti che sei quasi arrivato in cima alla collina ed è giunto il momento di prepararsi alla discesa. Discesa che speri sarà lunga e serena come lo è stata la salita. Ed proprio in cima alla collina che ti rendi conto che tu hai una missione, un compito da portare a termine, senza il quale la tua essenza non lascerebbe traccia in questa vita terrena. Che senso avrebbe lottare ogni giorno per uno spazio, per un lavoro, per una casa, per far crescere amore senza saperlo poi a chi lasciare? Cosa sarebbe dei nostri ricordi, delle nostre esperienze, del nostro vissuto, se non sapessimo a chi raccontarlo perchè lo tramandi?
La vita mi ha riservato ostacoli piccoli e grandi che ho saputo affrontare sempre con la giusta fermezza. Guardandomi da fuori non posso che essere orgoglioso per quello che ho fatto e per come l’ho fatto. La perdita di mio padre all’età di 24 anni, un matrimonio crollato all’improvviso, e la conseguente post-desertificazione mentale. Cose che succedono ad ognuno di noi, cose che ti segnano per sempre. Cose a cui all’inizio stenti a credere e che ti portano all’instabilità. Cose che ti scavano dentro, ti rubano tutte le tue certezze, ti uccidono dentro, ti strappano l’anima. Cose che modificano inevitabilmente il corso degli eventi. Sta a te, sta a noi cercare rialzarsi, rimettersi in marcia e recuperare il terreno perduto. Sta a noi trovare il coraggio di raddrizzare il nostro destino. Si, perchè la vita va avanti e non c’è nessuna funzione “standby” da attivare per riprendere fiato e rendersi conto di ciò che è avvenuto. Ed è per questa sensazione di vita che va avanti comunque, che scattano inevitabili i campanelli d’allarme. Uno di questi campanelli è suonato alcuni anni fa. L’ho sentito da molto lontano e subito non ci ho fatto molto caso. Ero troppo impegnato a vivere, ero distratto da altre cose, ma lo sentivo comunque. Ne ho preso consapevolezza piano piano e un giorno me lo sono trovato attaccato all’orecchio. Il suono era più forte che mai. Un campanello divenuto campana, che urlava tutta la sua “disperazione”. Io però non mi sono scomposto, ho raccolto i cocci del mio cuore, che in quel momento erano ai miei piedi, e sono andato avanti. Mi son detto che prima o poi avrei zittito quella campana. Cavolo se l’avrei fatto.
Da quel giorno sono successe tante cose, belle e brutte. Ma mentre le brutte non hanno più modificato il percorso della mia esistenza, quelle belle l’hanno fatto con puntualità e precisione. Una precisione a dir poco sospetta per non pensare che su tutto non ci potesse essere lo zampino di mio padre che da lassù vedeva tutto molto più chiaramente. Io sono ancora qui, impastato tra le pieghe della mia vita e sicuramente non ho la capacità che invece ha lui: quella di vedere più lontano. Ma io un sospetto l’ho sempre avuto e me ne sono stato zitto per tanto tanto tempo, convinto che qualcosa sarebbe prima o poi accaduto. Ed è accaduto. Si è chiusa la porta e si è spalancato il portone. Un portone luminosissimo e fresco, che emanava da subito profumo di primavera e gioia. Una cosa mai vista prima, che mi ha letteralmente travolto. E io, dopo un lungo periodo di osservazione, ho lasciato entrare in me questo profumo, questa luce, ho imparato ad amarla sempre più, fino a tornare a provare la felicità vera nel mio cuore. La vita che torna nel suo binario, un binario nuovo, lucido, netto, sicuro. Si, tanto sicuro e stabile, come piace a me. Da questa stabilità è nata una nuova consapevolezza: era ora di dar ascolto a quel campanello. E quel campanello si è magicamente zittito qualche tempo fa.

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Subito non ti rendi conto. Non capisci cosa significhino realmente ne quella parola, ne quei numeri scritti in quel test usa e getta. Non realizzi assolutamente cosa stia già accadendo, forse anche perchè non c’è nulla da vedere. Ma col passare delle settimane ti cresce dentro una gioia esplosiva, un senso di cose compiute che vanno al loro posto. Pensi a come sarà, a cosa farai, e a cosa proverai. Ma non ci riesci. Non lo puoi comprendere.
E allora aspetti. Non senza preoccupazione, non senza la paura che qualcosa non vada per il verso giusto. Anche perchè in passato mi avevano messo in testa strane idee che mi avevano non poco angosciato e che si son per fortuna rivelate false. Quindi aspetti e aspetti ancora. E ti accorgi che è già cambiato tutto dentro di te. Ti accorgi che stai per diventare padre (mi fa strano anche scriverlo), ti rendi conto del grande regalo che ti sta per arrivare tra le braccia. Un regalo d’amore vero e proprio, che ti completa come persona, che ti rende uomo e ti riempie d’orgoglio.
E il pensiero torna a mio padre, a quello che deve aver provato lui quando sono arrivato io. Ma anche a quello che da là sopra deve sicuramente aver fatto. Sono convinto che i tasselli li abbia sistemati lui, perchè altrimenti come spiegare il fatto che anche mio fratello stia per diventare padre con una differenza di soli 7 giorni da me?

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Tutto sta per cambiare. E io sono pronto. Divento padre, nel nome del padre.

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