Al lago di Sorapiss sotto il solleone (3)
Qui la prima parte e qui la seconda.
Dopo aver visto varie persone pucciare parti del proprio corpo nel lago, non resisto e attuo anche io ciò che già avevo mezzo deciso di fare: un bel pediluvio rinfrescante! Scelgo questo bell’angoletto di riva rocciosa…
Tasto la temperatura, che confermo essere gelata (Se fate conto che per la maggior parte della quantità, questa è neve disciolta del nevaio e ghiacciaio soprastante opportunamente filtrata dalle rocce, ecco spiegata la temperatura artica).
E mi lancio.
Beh, pensavo peggio. Mai come quella volta in Val San Nicolò, dove ho messo i piedi dentro il torrente e ce li stavo lasciando.
Una foto fatta con iPhone e la sua funzione Panoramica.
Ecco i Cadini, le Cime di Lavaredo, e in primo piano il lago di Sorapiss. Una foto molto bella, peccato per il cielo plumbeo dovuto all’afa e al troppo caldo. Ma non si può voler tutto dalla vita.
E’ ora di muoversi. Mi rimetto i miei scarponi (che per la cronaca mi fanno male in punta e presto li farò volare dal dirupo) e riparto. Devo completare il giro del lago e attraversare quel punto un po’ ostico. Il lato che sto passando, permette una visione più alta del lago.
Comunque è pazzesco il colore dell’acqua che vedo ad ogni inquadratura. Non ci si abitua mai, non so come dire…
Ed eccomi arrivato al punto un po’ brutto del giro del lago. Le vedete le persone abbarbicate in cerca di un passaggio?
Si tratta proprio di trovare un passaggio buono sulla roccia per poi spostarsi verso sinistra e ricongiungersi col sentiero. Io non ho particolari problemi e passo sulla roccia in un punto basso, senza pensarci troppo. Altri invece, si complicano la vita salendo più in alto.
Forse facendo il giro in senso anti-orario come ho fatto io, si va meglio. Venendo dall’altra parte, non si vede bene dove si mettono i piedi. Ma son dettagli. Se uno non vuole fare questo passaggio, cammina un po’ di più e passa dai sentieri alti sopra il lago.
Altro punto un po’ stronzetto in cui sono costretto ad inginocchiarmi davanti a madre natura per passare al di là.
Se si sbaglia, bagnetto nel lago non previsto!
A parte gli scherzi, in montagna si deve sempre ponderare bene ciò che si fa e non andare mai oltre le proprie capacità. Eccomi dall’altra parte del passaggio roccioso.
Che spettacolo, ragazzi!!!
I nevai dei Sorapiss visti da vicino.
E’ mezzogiorno e lo stomaco brontola. Mi scelgo un posticino lontano dal casino e rigorosamente all’ombra con vista lago e inizio ad apparecchiare.
Il menù è bene o male sempre quello, più molta acqua per dissetarmi.
Dopo pranzo, faccio una capatina al rifugio Vandelli che è qui a pochi passi.
Questa dev’essere la produzione propria di grappa di mugo e diavolerie simili. All’inizio mi sembravano vipere in vaso!
Per tornare alla macchina ho la brillantissima idea di cambiare sentiero, visto che quello dell’andata risulta molto semplice, monotono e pieno di gente, decido di fare i sentieri n. 216 e 213 che salgono fino a 2304 metri (dagli attuali 1923 del lago) e poi scendono tra boschi e prati fino ad arrivare ancora al Passo tre croci.
Come potete osservare dalla cartina, la strada è pressoché simile a quella fatta col sentiero 215. Penso che cambiando sentiero, vedrò altri interessanti scorci montani. E allora mi decido e arrivato al bivio col sentiero 216, lo imbocco.
La strada è da subito impervia, stretta e molto in salita. Oltretutto praticamente tutta sotto il sole. Sono tra l’altro vestito tutto di nero, e la mia scorta d’acqua non supera il mezzo litro. Intanto fotografo il lago dall’alto.
Sono le 13.26, sto salendo molto lentamente verso i 2300 metri della Forcella Marcuoira e il caldo mi sta mettendo a durissima prova. Sento delle vampate assurde di caldo che arrivano dai mughi e dalle rocce. Ogni 10 minuti mi fermo a bere e a riposare.
Nel frattempo, il lago Sorapiss sotto di me, si riduce ad una pozzanghera azzurra. Si vede bene anche il rifugio Vandelli e le guglie dei Sorapiss.
Mi pare tra l’altro giusto, spiegarvi il motivo di questo strano nome. Dal circolo glaciale sotto le pareti del Sorapiss, parte tutta o quasi l’acqua che alimenta il lago. Quest’acqua per la maggior parte, ri-esce dal lago per via sotterranea e si getta in un’alta cascata posta sulla soglia del grande piano roccioso. La cascata da queste parti è sempre stata chiamata “Piss” e da qui il nome del gruppo montuoso “Sora el Piss”, sopra la cascata, “Sorapiss”. Ma torniamo a noi. Sto sudando veramente molto, troppo. E l’acqua è ormai finita. Mannaggia a me e a quando non ho comprato dell’acqua al rifugio. Non pensavo che da questo lato delle Cime del Ciadin del Luodo non ci fosse neppure un piccolo ruscelletto.
Ad un certo punto sento una campana. Penso che sia assolutamente impossibile e credo che stia per tirare gli ultimi. Le prime allucinazioni, il sentiero che non molla mai e il sole che picchia. Dopo 45 minuti, guardando avanti, penso di essere quasi in cima al sentiero. Poi mi attenderà un avvallamento e successivamente tutta discesa. Ma la salita non finisce più. Alle poche persone che incontro, vorrei chiedere dell’acqua, ma resisto sperando che oltre lo scollinamento ci siano dei ruscelli.
Finalmente eccomi al di là del costone. Ecco cosa vedo davanti a me, ma non ho il tempo per compiacermene, perché mi arrivano i crampi alle cosce.
Ora son veramente cazzi. Mi attende una discesa e poi una nuova salita. La mancanza di sali minerali e il molto sudare, unita al fatto che è da gennaio che non faccio escursioni, mi ha fatto arrivare questi crampi. Mi fermo e li faccio passare completamente o quasi. Nel frattempo osservo la strada che dovrò fare là sotto di me. Devo scendere per poi risalire fino a quella selletta laggiù, la vedete?
Poi avrò da fare la lunga discesa tra i boschi che parte dal 2300 metri della Forcella, fino al Passo Tre croci. Speriamo di farcela… Si inizia con un pezzo di ferratina. Semplice, semplice. Ora non ho più il fiatone della salita, ma devo tenere a bada i crampi, che spesso mi fanno saltare.
Fermandomi 3 volte, arrivo dall’altra parte dell’avvallamento.
La sete ormai è alle stelle. Tiro fuori la borraccia dallo zaino pur sapendo che è vuota. La apro e verso 2-3 gocce che mi sembrano oro. Vedo in lontananza delle chiazze di neve che per me significano acqua, ma pondero che non è il caso con questi crampi, di fare salite aggiuntive.
Attendo che i crampi passino del tutto e riparto molto lentamente. La salita da fare non è poca.
Abbasso la testa e proseguo senza guardare avanti. Dopo alcuni 15 minuti circa, alzo la testa e sgrano gli occhi: sono arrivato alla forcella! Non ci posso credere!!
Non ho ancora l’acqua a disposizione, ma so che da qui in poi è tutta discesa. E’ già qualcosa. Mi affaccio sul versante opposto della forcella e capisco che per scendere il sentiero mi metterà ancora alla prova.
Dopo altri 20 minuti di caldo e sofferenza, arrivo in una zona quasi in piano. Sento il rumore di acqua che scorre ovunque, ma è la mia immaginazione.
Mi consolo con la vista del Cristallo e del Piz Popena, ancora più belli di questa mattina.
Sono le 15 circa. L’ultima volta ho bevuto un’ora e mezza fa e sono arrivato al punto di sognarmi i ghiaccioli che volano. Proseguo per il sentiero e ogni tanto mi fermo per non far peggiorare la situazione crampi.
Eccomi a dei rassicuranti cartelli. Ho la cartina con me, ma vedere fisicamente che stai andando nella direzione giusta, fa bene allo spirito.
La sfacciata bellezza del Monte Cristallo mi da una svegliata al morale.
Attraverso prati e boschetti molto belli, ma non me li godo molto. Anzi, maledico quella volta in cui ho deciso di cambiare percorso. Eccomi in una zona di ruscelli, ma sono tutti in secca. Ma che è? La maledizione di Tutankhamon?
Ora sono nel bosco. Mi rassegno all’idea che dovrò arrivare alla macchina, prima di bere. mancheranno ancora 30 minuti circa.
Davanti a me, quasi a consolarmi, ci son sempre il Cristallo e il Piz Popena.
Ad un certo punto, come per incanto, compare una rudimentale fontanella che pare esser stata messa lì dagli gnomi, i quali si sono pure divertiti a lasciar scritte ironiche.
Butto lo zaino per terra, e mi attacco allo zampillo gelato. Bevo probabilmente due, forse tre litri d’acqua, o almeno a me sembra così. Mi lavo la faccia e mi rinfresco la testa. Ah!!! che refrigerio! Sto rinascendo lentamente! Dopo 10 minuti, mi ricompongo, riempio la borraccia e mi incammino, sempre con i crampi che accennano ogni tanto a tornare, ma il peggio è sicuramente passato. Mi fan male pure le punte degli scarponi, ma il terreno è quasi in piano e non sono molto lontano dalla macchina. In ogni caso, questi scarponi con me hanno chiuso: troppo rigidi e scomodi. In settimana me ne vado a comprare un’altro paio molto più comodi.
Il Piz Popena, 3152 metri.
Dopo 15 minuti di cammino, trovo un’altra fontanella. Gli gnomi dimostrano di avere molto senso dell’umorismo.
Bevo ancora un sacco d’acqua, anche se ho la borraccia piena nello zaino. Gli ultimi passi sono ancora sotto il sole che brucia anche alle 4 del pomeriggio.
Finalmente arrivo al parcheggio e scopro anche perché questo Passo viene chiamato Tre croci.
Arrivato alla macchina, butto gli scarponi nel baule e mi metto le scarpe da tennis. Poi entro in un bar, compro una lattina di thè alla pesca e un succo alla pera. Me li scolo senza neppure accorgermi. In seguito affronto il viaggio di oltre due ore che mi divide da casa mia, con più calma e serenità, tanto che avrò pure voglia di fermarmi nei pressi di Alleghe per fotografare il meraviglioso Pelmo.
Prima o poi, arriverò anche da te! Alla prossima escursione!
Dati tecnici:
Partenza escursione alle 8.20.
Temp.: 23°
Sentieri percorsi: n. 215, 216, 213
Partenza a 1791 mt.
Altezza massima raggiunta: 2304 mt.
Dislivello: 513
Km. percorsi: 13 circa
Tempo impiegato: 7,5 ore