Tra i giallissimi larici della Val Gardena
Ieri è stata una giornata da incorniciare: un paesaggio meravigliosamente colorato e un tempo favoloso. Che si può volere di più da un’escursione fotografica in montagna? Vi racconto tutta la giornata con l’ausilio dei miei scatti. Si parte!
Sono le 7.30 quando passo nei pressi di Moena e scorgo sulla mia sinistra l’alba che arriva sulle cime della Roda di Vael.
Il cielo è una distesa azzurra senza soluzione di continuità. Viaggio spedito verso la Val Gardena: mi attendono gli allievi del photoshooting di oggi, organizzato come sempre da Madeinthealps. La domanda che mi frulla per la testa da quando mi sono alzato (e cioè se il foliage dei larici sia già iniziato) trova risposta proprio davanti al panettiere dove mi son fermato a comprare il pane fresco per oggi. Là sopra, oltre i 2000 metri, vedo i larici ingialliti. Dovrà per forza essere così anche in Val Gardena.
Eccomi sui tornanti del Pordoi, verso il Passo Sella. Le strade sono deserte e la temperatura è di -1°.
Saluto velocemente il Sassolungo.
Arrivato sul Sella, scendo velocemente verso Gardena.
Qui la neve scesa all’inizio della settimana è rimasta quasi tutta.
Ecco là in fondo sulla sinistra, la zona in cui stazioneremo oggi.
Poco prima delle nove arrivo al punto di ritrovo e dopo aver incontrato i partecipanti di oggi, ci prepariamo per salire verso Col Raiser e le Odle. Dietro di noi, mano a mano che ci alziamo di quota, si apre un paesaggio da togliere il fiato.
E’ l’altopiano di Siusi, con i suoi monti spolverati di neve. Davanti a noi invece, compare una prima parte di Odle contornate dai meravigliosi colori dell’autunno. I larici oggi ci regaleranno scatti epici.
E non è certamente un modo di dire!
Per arrivare in quota, percorriamo una ripida strada sterrata.
Dopo circa 30 minuti di cammino, sbuchiamo letteralmente in paradiso.
In questi meravigliosi prati, faremo il briefing teorico sulla fotografia in montagna per poi ripartire muovendoci a zig zag tra i prati punteggiati da malghe e larici.
Più andiamo avanti e più ci rendiamo conto che oggi sarà difficile non “scattare” ogni secondo. E’ tutto meraviglioso, anche le temperature che salgono velocemente. E in giro non c’è un’anima!
Là in fondo ancora l’Alpe di Siusi e nascosto, il Sassolungo.
Qui siamo a circa 2000 metri e come vedete la neve è presente a chiazze e i prati sono abbastanza zuppi, ma non ovunque.
Con i miei compagni di avventura, facciamo prove di profondità di campo con il diaframma.
Quando troviamo larici che hanno ancora parte della chioma di colore verde, immortaliamo questa meravigliosa scala di colori.
Altro bel contrasto cromatico, oltre al cielo con i larici, la fa la presenza del cirmolo, con la sua chioma verdissima.
Sua maestàil larice, nel massimo del suo splendore cromatico. Questo stato di grazia dura ben poco: circa 15-20 giorni, a seconda delle precipitazioni e del freddo. Ma anche il vento può accorciare questo periodo.
Ad un certo punto, giro lo sguardo alla mia destra e scorgo uno specchio d’acqua. Impossibile lasciarsi sfuggire un’occasione del genere per fare alcune foto.
Fotografare in queste condizioni non è affatto semplice. E infatti i miei amici se ne accorgono ben presto. Bisogna trovare il giusto equilibrio per non scurire troppo la parte del laghetto e non bruciare la zona delle montagne e del cielo.
Queste foto hanno colori così intensi, anche grazie all’uso del filtro polarizzatore, che abbiamo constatato essere abbastanza indispensabile in giornate come queste. Satura i colori e li fa diventare più brillanti.
Come dicevo però ai miei allievi, occhio a non abusarne, perché il filtro può creare del rumore fastidioso. Eccone la prova, osservando un piccolo pezzo di immagine qui sopra, ingrandita al 100%.
Effetto acquarello, visto che con noi c’è anche una pittrice!
Abbandonato il laghetto, facciamo esperimenti con il bilanciamento del bianco spostato sui toni caldi.
E qualche primissimo piano.
Ma lo sguardo, più di tutti, è sui meravigliosi colori dei larici.
Saliamo ancora, senza fretta e in tutta tranquillità. Vorremmo stare qui per sempre.
Continuo anche a suggerire di sottoesporre ogni scatto, per evitare di bruciare qualche parte di paesaggio. Con una varietà di tonalità tipo queste, è veramente facile cadere in errore. Si va dal nero del bosco, al bianco della neve.
Infatti qualche volta ci casco anch’io. Osservate le montagne più lontane dell’inquadratura qui sotto. Sono palesemente sovraesposte.
Anche questa foto è sovraesposta, anche se di pochissimo.
Ogni soggetto è buono per far pratica.
Osserviamo che una volta tanto, gli insediamenti umani si intonano benissimo in questo contesto naturale.
Guardate che bella questa baita.
Suggerisco continuamente ai miei allievi di girarsi indietro e di osservare tanto intorno a loro. Il fotografo dev’essere curioso.
Troviamo anche un piccolo recinto con capre, pecore e mufloni.
La curiosità della capra è impressionante.
Tra uno scatto e l’altro s’è fatta una certa ora e lo stomaco brontola. Individuiamo una bellissima baita con tavolo e panche annesse e decidiamo che sarà nostra!
Il proprietario è nei paraggi ma una volta chiesto il permesso ci lascia pranzare senza nessun problema.
Eccoci qui appena finito il pranzo. Il caldo si è fatto veramente intenso e ci spogliamo delle nostre felpe. Ricordo che siamo a 2200 metri d’altezza e che è la fine di ottobre.
Ma non c’è tempo per cincischiare. Una volta radunata la nostra roba, si riparte. Dobbiamo salire ancora. Durante il tragitto facciamo altra pratica.
Faccio vedere cosa succede a far entrare i raggi del sole nell’obiettivo.
O a far foto in ombra quando all’orizzonte c’è molto chiaro.
Ora siamo soli, ma tra meno di 40 giorni, qui ci sarà molta neve (si spera) e molta gente. Adesso la situazione alla stazione di arrivo delle seggiovie, è questa.
Camminiamo verso Seceda, la nostra metà di oggi, ma siccome abbiamo ritardato, ci fermeremo prima. Altrimenti perderemmo il tramonto sulle Odle.
Troviamo anche qui bellissimi scorci, anche se a queste altezze i larici sono quasi scomparsi. Là in fondo scorgiamo il gruppo del Sella.
Alcuni scatti di prova per congelare l’acqua di un ruscello.
Poi si torna indietro, sempre con la digitale in azione.
Sono le 4 del pomeriggio e le ombre iniziano vistosamente ad allungarsi e la luce si fa più calda.
Passo in modalità bilanciamento del bianco con colori caldi.
Altro errore che chiedo di non fare è quello di soffocare i paesaggi con tagli scriteriati o cieli poco presenti. La foto di paesaggio, ha sempre bisogno di spazi di “respiro”. La foto qui sotto non va bene.
Questa invece, è ok.
Nikon e Canon, l’eterna lotta.
Ma non oggi, anzi ci si confronta e si impara a vicenda.
Lo spettacolo dei colori e delle ambientazioni, continua senza sosta.
Facciamo delle prove anche con i tempi lunghi inquadrando un ruscello.
E torniamo anche allo specchio d’acqua incontrato stamattina. La luce ora è cambiata.
Ma il nostro pensiero è ormai per il tramonto e per vederlo al meglio, ci stiamo allontanando dalle Odle
Bello questo scatto, peccato aver dimenticato lì quegli zaini nell’inquadratura.
Altro scatto frutto dell’osservazione attenta del territorio. Una piccola pozza in mezzo al prato e le Odle si riflettono alla perfezione.
Anche i miei allievi ci provano. Peccato quella jeep bianca!
Altra foto ricordo.
Altra cosa da evitare sono gli oggetti indesiderati. Qui sotto è presente un cannone della neve. Ma si vede poco.
Sono quasi le 17.30. Dobbiamo salire per vedere bene il tramonto sulle Odle, per farlo prendiamo una strada che già conosco.
Altre inquadrature molto suggestive ci si parano davanti agli occhi.
Una volta arrivati alla quota desiderata, cerchiamo l’inquadratura perfetta.
Lascio i miei compagni momentaneamente e salgo ancora più in alto per pratoni. Ecco cosa vedo. Forse meglio riscendere un pò.
Non mi piace assolutamente dare un titolo alle foto, lo trovo banale. Ma per la foto qui sotto, devo fare un’eccezione.
“L’abbraccio”
Decidiamo che qui va più che bene.
Altra foto di gruppo.
Verso ovest, nel frattempo, lo Sciliar si staglia nel rosso generale del sole che sta per sparire.
Le Odle si infiammano, ma non succede quello che mi sarei aspettato.
Guardate il tramonto che ho fotografato dalla stessa posizione nel mese di dicembre dell’anno scorso.
E’ probabile che la neve accentui di più determinati riflessi. Comunque ci accontentiamo e scendiamo verso le macchine, prima che faccia buio. Il cielo verso lo Sciliar è spettacolare.
L’ultimo scatto lo provo senza cavalletto per far vedere l’effetto seta su una cascatella d’acqua.
E’ tempo di tornare a casa a fare una doccia e a riposarsi, pienamente soddisfatti della giornata appena trascorsa. Spero sia piaciuto anche a voi questo itinerario fotografico in Val Gardena. Al prossimo photoshooting.