Alle Piramidi di Segonzano (1)
Oggi, per la seconda volta in vita mia, sono stato in un luogo magico a 30 km da casa e come spesso capita su Squarciomomo, adesso verrete anche voi con me grazie al foto-racconto che sto per pubblicare. Mettetevi gli scarponi che si parte! Siamo a 880 metri sul livello del mare sulla retta che L’Avisio percorre nascendo prima dai ghiacciai della Marmolada e poi scorrendo giù a valle passando per la Val di Fassa, la Val di Fiemme e la Val di Cembra, arrivando alle porte di Trento.
Proprio in Val di Cembra c’è un paese, Segonzano, famoso per il suo vino ma non solo per quello. Oltre che importanti arterie di passaggio, queste valli sono da sempre state sfruttate con cave e miniere. Poco lontano, sul Monte Calisio, vi era la più grande miniera d’argento d’Europa, e tutta la Val di Cembra pullula di cave di Porfido.
Questa è zona di contatto tra montagne di origine magmatica, la catena dei Lagorai, e i più famosi gruppi dolomitici. In questo contesto così particolare la natura ha creato qualcosa che ha pochissime similitudini al mondo. Si tratta delle piramidi di Segonzano, un capolavoro della natura: torri, creste, pinnacoli di terra (!) disposti a canna d’organo, alte colonne sovrastate da un masso di porfido. Un fenomeno geologico tra i più noti e studiati al mondo, per l’imponente bellezza che lo caratterizza.
Ma partiamo all’avventura! Ecco il cartello che dalla strada vi invita ad ammirare le piramidi.
Al punto di partenza esiste un comodo parcheggio dove poter lasciare l’auto e sempre qui, è presente un punto informativo e la biglietteria. Si perchè in teoria l’ingresso ai sentieri che salgono alle piramidi è a pagamento (3 euro a persona), ma oggi ho trovato il deserto più assoluto.
E questo perchè la biglietteria è aperta dall’1 maggio al 30 settembre.
Ecco un colpo d’occhio della zona dal satellite. Il sito è sostanzialmente diviso in gruppi disposti lungo il sentiero.
Ecco una seconda visione di tutta la zona in 3D. Si può vedere il percorso che fa il sentiero per arrivare al terzo gruppo, quello disposto più in alto.
Seguo i cartelli e inizio a percorrere il sentiero in salita che mi porterà in meno di 40 minuti a vedere tutto ciò che di interessante questo posto offre.
Oggi è anche il battesimo dei miei nuovi scarponi che finora hanno sempre calpestato solo e soltanto neve.
Il sentiero è tranquillamente alla portata di tutti ed è percorribile anche con scarpe normali.
In meno di 15 minuti compare davanti a me il primo gruppo di piramidi. E’ però il meno interessante perchè composto soltanto da “lame” di terra e non da vere e proprie guglie.
Lungo il percorso ci sono dei cartelli che sinteticamente spiegano come si sono formate queste piramidi. Ecco la trascrizione del primo:
FORMAZIONE
Le gocce di pioggia, quando colpiscono il terreno, ne smuovono le varie particelle, esercitando un’azione erosiva che aumenta con la pendenza. Ma il terreno non è asportato totalmente grazie alla composizione mista dei materiali: i frammenti più o meno arrotondati, i numerosi massi disposti caoticamente dal ghiaccio, rappresentano un punto di protezione contro l’azione meccanica ed erosiva delle acque.
Nel 1932 alcuni studiosi avanzarono l’ipotesi, poi totalmente smentita, che le Piramidi esisterebbero già preformate e l’acqua non avrebbe altra funzione che quella di dissepellirle.
Proseguo per il sentiero.
La zona è ricca di piante caducifoglie, abeti bianchi e anche castagni.
Ecco un secondo cartello.
VEGETAZIONE
Nella conservazione delle Piramidi la copertura vegetale riveste una notevole importanza, perchè modera l’azione erosiva dell’acqua: le radici, il muschio e le foglie trattengono efficacemente la terra, impedendo l’erosione. La presenza di vegetazione nei canaloni è indizio di un’attività erosiva, che si è ridotta considerevolmente.
Alcune Piramidi hanno come protezione cespugli od alberi alla sommità: più frequente è il caso di grossi bastioni isolati dall’erosione sui quali è rimasta intatta la vegetazione.
Altro cartello.
BRIGLIE DI CONTENIMENTO
Nell’autunno del 1882 ci fu in Trentino una grossa alluvione che causò notevoli danni anche in Val di Cembra: il rio Regnana devastò la Valle delle Piramidi e presso Piazzo asportò mulini e case. Alcuni anni dopo, su iniziativa dell’Amministrazione austriaca, vennero costruite delle briglie a forma di grossi muraglioni con l’intento di frenare la forza demolitrice delle acque. Salendo il sentiero, si possono notare ancora oggi alcuni esempi di queste opere.
Vien da pensare che queste decisioni furono prese dagli austriaci anche per porre rimedio ad un fatto che racconta come a fine ottocento, le Piramidi furono oggetto di ‘tiro a segno’ proprio da parte dell’artiglieria austriaca in vena di esercitazioni.
Finalmente, dopo la teoria, arriva anche la pratica! Là sopra tra la vegetazione si intravede qualcosa
Cartello:
FORMA
La forma classica di una piramide è quella di un tronco cono sormontato da un masso. Accanto a questa si possono osservare le “Piramidi a punta” con stelo conico e prive di masso di protezione: sono in genere non molto alte e ciò dimostra una evoluzione rapida.
Un altra tipica forma è quella “a cresta”, costituita da una lama di terreno seghettato e affilato, la cui formazione è dovuta all’assottigliamento dello spartiacque, compreso fra due canaloni. Talvolta le Piramidi sono raggruppate a “canne d’organo”.
Sono arrivato presso il secondo gruppo di Piramidi, quello più spettacolare.
Ecco le Piramidi!
Leggiamo cosa dice il cartello qui in zona:
La Piramide isolata è il “prodotto” migliore ma è anche quella più fragile e più esposta ai pericoli. Fondamentale è la presenza e la forma della pietra che, come tegola, deve proteggere la colonna facendo sgocciolare l’acqua. La pioggia che investe il fusto se è poca e leggera non arreca danno; se è abbondante e persistente asporta il terriccio più minuto che scende torbido lungo i fianchi. In basso l’acqua evapora e il limo avvolge la parte inferiore del pilastro come fosse una guaina impermeabile arabesca. Così, mentre la piramide si consolida alla base, presso il masso affiorano le pietre facendo assumere ai pilastri un aspetto ossuto e ferrigno.
Solo le piramidi col cappello hanno buona longevità, che nelle migliori condizioni si misura in secoli. I crinali e le lame vengono seghettate e smussate sino a recuperare qualche altra pietra del deposito o sfasciarsi. Le pareti vengono incise da scanalature che si affondano sempre più nel deposito e ogni pietra che sporge fa da protezione al materiale sottostante e origina fantasiose e ardite costruzioni aeree.
Sotto di me c’è un burrone pazzesco, saranno più di 30 metri.
Con l’aiuto del tele-obiettivo, vediamo da vicinissimo come sono fatte le Piramidi.
Mi sposto poco oltre dove c’è un altro bellissimo punto di vista.
Leggo a ridosso del parapetto:
L’occhio del visitatore è colpito dall’immagine dei vigneti degradanti verso il fondo valle: da quelle terrazze viene prodotto il rinomato vino Müller Thurgau e le famose grappe aromatiche. Di fronte, Faver, tipico paese cembrano, mentre a sinistra, a ridosso della montagna e lungo la pianura antistante, Cembra, capoluogo della Valle.
Sullo sfondo fanno da cornice il monte Paganella e le guglie del Brenta.
Ecco lo spettacolo che si gode da qui.
Riesco a fotografare la piramide più alta ancora meglio.
Altri particolari della piramide più alta.
Incredibile, come cacchio fanno a star lì da centinaia d’anni, quei sassi?
Ma manco a mettersi lì a farla a mano con l’attack e le rocce si riuscirebbe a fare una cosa così.
Ma il mistero più grosso è come fa quel mega masso a non cadere!
Il primo gruppo di Piramidi. Poca cosa al confronto del secondo.
Mi sposto leggermente e dietro alla piramide più alta, c’è una formazione a canne d’organo.
Mi sono riempito gli occhi abbastanza e mi dirigo verso il terzo gruppo, non senza aver scattato ancora qualche foto alle regina di tutte le piramidi.
Finisce qui la prima parte di questa avventura. A prestissimo per la seconda e conclusiva puntata.
(TPP) 2 ore e 30.